Le certificazioni verdi? Possono aumentare il valore degli edifici anche del 20 per cento. Così il green building potrebbe divenire il motore per risollevare le sorti dell'edilizia italiana e internazionale. Ne è convinto Mario Zoccatelli, presidente del comitato esecutivo di Green building council Italia, 'associazione non profit che si propone di introdurre nel nostro Paese una versione localizzata della certificazione indipendente di eco-compatibilità edilizia Leed. Stando a quanto afferma l'esperto, «dai dati risulta che il valore di un edificio certificato canada  può aumentare in misura pari al 10-20 per cento. Anche le
assicurazioni obbligatorie per i primi dieci anni di vita di un immobile scontano prezzi inferiori, perché la qualità degli edifici è più alta».

Il valore aggiunto garantito dalle certificazioni potrebbe dare nuova linfa a un settore che è ancora fermo ai nastri di partenza. «L'Italia – afferma Raffaello Borghi, responsabile tecnologia e innovazione per Assimpredil – si è appena affacciata sul campo dell'edilizia verde. La crisi ha soffocato qualsiasi slancio sul nascere: ci sono pochi progetti
isolati, ma non si può parlare del green building come di un vero e proprio mercato né tantomeno come di un settore a sé stante». Perché la situazione migliori, gli operatori del settore dovranno impegnarsi per sciogliere una serie di nodi cruciali: «Anzitutto – aggiunge l'architetto – non esiste un sentire comune su cosa sia realmente compatibile.

Ci sono tantissime proposte che vanno in direzioni divergenti, e nessuna di queste sembra per ora destinata ad affermarsi sulle altre. Inoltre, l'80% del mercato edilizio è costituito da lavori sugli edifici esistenti, con piccoli interventi virtuosi ma non rivoluzionari. Solo il 20% circa delle opere è volta all'edificazione di nuovi progetti».

Il fosco giudizio di Borghi lascia comunque spazio a qualche spiraglio di luce: «Gli involucri e i ferramenti sono in costante e rapida evoluzione. Anche la normativa attuale sul contenimento dei costi energetici è ben codificata e cogente. Purtroppo, è difficile misurare il ritorno dell'impegno nel green building: sembra sempre che siano gli altri a goderne, e non sempre gli investitori comprendono che un guadagno per tutti coincide con il loro interesse».

Un'edilizia davvero "verde", insomma, sembra già a portata di mano. «È vero – concorda Zaccatelli – lo scenario dell'edilizia verde italiana mostra elementi di arretratezza. Eppure ci sono anche degli spunti di dinamismo, che arrivano prevalentemente dalla scena internazionale e riguardano proprio il ricorso a standard e certificazioni». Sebbene il mercato dell'edilizia sia fortemente territorializzato, aggiunge l'esperto, «le grandi opere da decine o centinaia di milioni di dollari si basano su finanziamenti e investitori internazionali; anche i
produttori di componenti esportano sui mercati esteri».

E le certificazioni, Leed in testa, servono proprio a definire dei
benchmark internazionali di qualità: «Oggi, nel settore edilizio, una certificato di sostenibilità ambientale equivale già a un attestato di qualità. Indispensabile per inserirsi con successo sulla scena globale». Aderire agli standard non consente soltanto di ridurre le emissioni nocive di CO2 e i consumi di energia, ma porta anche dei concreti vantaggi di mercato. La riqualificazione urbana del quartiere Porta Nuova di Milano costituisce il più importante esempio di "green building" italiano pensato in funzione degli standard di sostenibilità.
Presentato in vista dell'Expo 2015 dalla Regione Lombardia e dal Comune di Milano, il progetto mira a sviluppare, entro il 2012, 340mila metri quadri di nuove strutture, riqualificando così 290mila metri quadri di aree dismesse. L'investimento previsto ammonta a 1,2 miliardi di euro in appalti per la realizzazione di opere pubbliche e private, con più di
100 imprese e 10mila addetti coinvolti.

Alle certificazioni esistenti (la statunitense Leed, l'italiana Itaca,
la Breeam dal Regno Unito e Hqe per la Francia) si è andato affiancando, a partire dal 2008, l'innovativo sistema di «Green rating» ideato da Bureau Veritas in collaborazione con Aew Europe, Axa Reim, Ge Real Estate e Ing Real Estate. A differenza dei vari label volontari, il Green rating consiste in una pagella che valuta la performance ambientale degli edifici esistenti basandosi su sei indicatori: il rendimento energetico dell'edificio, i trasporti e l'accessibilità alla sede, le emissioni di CO2, la gestione dell'acqua, la salubrità dei luoghi e il comfort abitativo e la gestione dei rifiuti.

Non solo: un'analisi ulteriore fornisce una proiezione del miglioramento che sarebbe possibile ottenere se l'edificio fosse gestito in maniera ottimale o se venissero effettuati interventi strutturali con un tempo di ammortamento non superiore ai 7 anni. I risultati sono elaborati sulla base di criteri omogenei, così da rendere possibile un raffronto tra edifici di paesi differenti. «Il rating – commenta Pietro Foschi, presidente di Bureau Veritas Italia – è utile tanto per i locatari di un
immobile, che possono così apprendere i comportamenti virtuosi per ridurre i costi di gestione, quanto per il proprietario, che può comprendere quali interventi convenga effettuare. Ma anche per i gestori di portafogli immobiliari, nostri principali clienti, come indicazione utile per capire quali beni dismettere o acquistare». Entro la fine del 2009, più di 100 edifici in Francia, Inghilterra, Italia, Spagna, Olanda e Germania saranno sottoposti a valutazione. Nel corso del 2010 la pagella verde di Bureau Veritas verrà esportata anche nice  nei paesi dell'Est Europa.

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